Presidenza di George Washington

Presidenza George Washington
George Washington (primo presidente degli Stati Uniti d'America) in un ritratto di Gilbert Stuart del 1796.
StatoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Capo del governoGeorge Washington
(Indipendente)
Giuramento30 aprile 1789
Governo successivo4 marzo 1797
Carica istituita

La presidenza di George Washington iniziò il 30 aprile 1789 con la cerimonia d'inaugurazione e insediamento del primo presidente degli Stati Uniti d'America e terminò il 4 marzo 1797. Le elezioni del 1788-89 furono le prime della nuova nazione e Washington risultò eletto all'unanimità; sempre all'unanimità fu rieletto nelle elezioni presidenziali del 1792. Al termine del secondo mandato consecutivo non volle più partecipare alla competizione politica e si ritirò a vita privata. Gli successe il vicepresidente in carica John Adams, esponente di punta del Partito Federalista.

Negli anni antecedenti la sua elezione a presidente, Washington consolidò la propria autorevolezza, tra i Padri Fondatori della nuova nazione, con il servizio svolto come comandante in capo dell'Esercito continentale nel corso della guerra d'indipendenza americana, e come presidente della Convenzione di Filadelfia del 1787. Era ampiamente previsto che sarebbe diventato il primo Capo dello Stato una volta approvata la Costituzione degli Stati Uniti, nonostante avesse già desiderio di allontanarsi dalla vita pubblica. Nel primo discorso inaugurale espresse la propria intima riluttanza ad accettare la carica offertagli, dovuta anche al fatto di non avere alcuna esperienza nell'amministrazione civile.

Washington presiedette all'istituzione del nuovo Governo federale degli Stati Uniti, nominando tutti i funzionari di più alto rango, sia nel ramo esecutivo sia in quello giudiziario, plasmando – grazie alle sue notevoli doti di leadership – numerose nuove prassi politiche e stabilendo la sede permanente della futura capitale degli Stati Uniti. Sostenne le politiche economiche di Alexander Hamilton, secondo cui il governo federale si assunse i debiti dei singoli Stati federati, e fondò la Prima banca degli Stati Uniti d'America, la United States Mint (la Zecca nazionale) e lo United States Customs and Border Protection (il Servizio doganale e di Polizia di frontiera).

Il primo Congresso degli Stati Uniti approvò le politiche fiscali con il Tariff Act del 1789 e il Tariff Act del 1790: vennero innalzati i dazi doganali per fare fronte allo squilibrio commerciale nei confronti della Gran Bretagna e introdotta un'accisa sulla produzione e la vendita di whisky per finanziare le attività governative. Il presidente guidò personalmente i soldati federali nella repressione della Whiskey Rebellion, sorta in opposizione alle politiche fiscali adottate dall'amministrazione. Diresse personalmente la guerra indiana del Nord-Ovest che vide il paese stabilire il controllo sulle tribù dei nativi americani in tutto il Territorio del nord-ovest.

Negli affari esteri assicurò la tranquillità interna e mantenne rapporti pacifici con le diverse potenze europee, nonostante l'imperversare delle guerre rivoluzionarie francesi, come documentato dalla Proclamazione di neutralità del 1793. Ottenne inoltre due importanti trattati bilaterali: il trattato di Jay del 1794 con l'Impero britannico ed il trattato Pinkney-Monroe dell'anno seguente con l'impero spagnolo. Entrambi i trattati promossero il commercio internazionale e contribuirono a garantire il controllo della frontiera rispettivamente a Nord e a Sud. Per proteggere le spedizioni americane dai corsari barbareschi e da altre minacce, Washington ricreò la marina militare tramite il Naval Act del 1794.

Fortemente preoccupato per la crescente partigianeria all'interno del governo e l'impatto negativo che i partiti politici avrebbero potuto avere sull'ancor fragile unità che teneva insieme la nazione, il presidente si prodigò sempre per mantenere concordi le fazioni rivali; fu - e rimane a tutt'oggi - l'unico presidente eletto a non essersi mai affiliato ad alcuna corrente politica[1]. Nonostante gli sforzi intrapresi, gli accesi dibattiti scoppiati nei riguardi delle misure finanziarie varate, della rivoluzione francese e del trattato di Jay, le iniziative di George Washington ebbero come risultato l'inasprimento delle divisioni politiche.

I sostenitori di Hamilton diedero vita al Partito Federalista, mentre i suoi avversari si coalizzarono attorno al Segretario di Stato Thomas Jefferson formando il Partito Democratico-Repubblicano. Nonostante l'accusa di aver favorito Hamilton e quindi lo svilupparsi della partigianeria, Washington viene considerato dagli studiosi presidenziali e dagli storici politici come uno dei più grandi presidenti della storia degli Stati Uniti d'America.

Secondo la classifica storica dei presidenti degli Stati Uniti, George Washington è uno dei tre presidenti più apprezzati di sempre insieme ad Abraham Lincoln e Franklin Delano Roosevelt[2].

  1. ^ Dennis Jamison, George Washington's views on political parties in America, su washingtontimes.com, The Washington Times, 31 dicembre 2014. URL consultato il 14 luglio 2017.
  2. ^ StackPath, su fed-soc.org. URL consultato il 17 dicembre 2021 (archiviato dall'url originale il 24 giugno 2011).

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